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venerdì 30 aprile 2010

Un nuovo pacchetto di aiuti, ma l'aritmetica non aiuta.

Cosenza (Italy), 30 Aprile 2010

Sempre più insistentemente si fa strada la convinzione che la Grecia sia sull'orlo del baratro, sebbene anticipazioni di stampa (cfr. CNBC, 30.4 "Greek Plan to Be Unveiled this Weekend: France") dicano che nelle prossime ore in un nuovo incontro tra i ministri europei si deciderà per un ulteriore pacchetto di aiuti alla Grecia.
Stando all'articolo CNBC, 30.4 "Greece Bailout Will Block Spillover: EU's Barroso", gli "Eurocrati" sono convinti che questo piano eliminerebbe alla radice ogni forma di speculazione, poichè l'ammontare messo a disposizione della Grecia farebbe fronte ad ogni necessità finanziaria, e in più, sarebbe accompagnato da severe misure di rientro della spesa pubblica (con l'obbligo in capo alla Grecia di ritornare ad un rapporto deficit pubblico/pil al 3,6% nel 2011). Da indiscrezioni pubblicate nell'articolo, l'intervento potrebbe aggirarsi sui 100 - 120 miliardi di Euro, a fronte del piano inziale di 45 miliardi di Euro.
Ho provato a fare due calcoli usando dati di fonte Unione delle Camere di Commercio Austriache (vedi qui), poichè in questi gioni - paradossalmente (!) - è molto difficile trovare informazioni aggiornate.
 
Grecia:
- PIL stimato 2010:                               243 miliardi di Euro
- Deflatore di crescita 2010:                   - 0.3%
- Deficit 2009/PIL (fonte Eurostat)          13.6%                   
- Deficit stimato 2011/PIL (Fonte FAZ)    3.6 %
 
>> Ammontare deficit 2009 (mia stima):      42,9624 miliardi di Euro
>> Ammontare deficit 2011 (mia stima):      0,4896 miliardi di Euro
 
Insomma, se le mie stime sono giuste, il pacchetto iniziale di aiuti EU-FMI (45 miliardi di Euro) consentirebbe alla Grecia di far fronte al solo deficit di bilancio 2009, e non inciderebbe in alcun modo sullo stock di debito pubblico!
Anche un'ulteriore pacchetto di aiuti servirebbe a pagare solo i deficit futuri (2010 e 2011), ma non risolverebbe i problemi del pagamento dei tassi di interesse sul debito maturato negli anni.
 
Occorrerebbe riflettere meglio sulla reale efficacia dei pacchetti di aiuto: questi sembrerebbero destinati a stabilizzare il debito piuttosto che a richiedere un effettivo impegno alla Grecia a risanare i conti pubblici.
 
Inoltre, la concessione dei prestiti alla Grecia è subordinata al rientro del rapporto deficit/PIL al 3,6% nel 2011. Ma ciò equivale a dire che la Grecia dovrebbe ridurre il deficit pubblico di oltre 40 miliardi di Euro in poco più di un anno e mezzo, cosa alquanto problematica soprattutto se si considerano le previsioni di decrescita economica (vedi tabella sopra).


Se poi consideriamo che anche altre economie si trovano al momento in difficoltà (Spagna, Portogallo, Irlanda in primis), e che al momento un pacchetto di aiuti "europeo" viene stimato in 600 miliardi di Euro (cfr. Die Welt, 30.4 "Spanien & Co.: Volkswirte fürchten 600-Milliarden-Euro-Rechnung"), è legittimo chiedersi se un eventuale nuovo pachetto di aiuti alla sola Grecia riuscirà davvero a fermare gli "speculatori".
 
Matteo Olivieri

>> Le informazioni qui contenute non (!) costituiscono sollecitazioni ad investire.

giovedì 29 aprile 2010

Le scommesse del mercato



Cosenza (Italy), 29 Aprile 2010

Quella che si sta concludendo è stata un'altra settimana molto intensa per i mercati finanziari internazionali. I primi giorni della settimana sono stati caratterizzati da importanti vendite di massa dell'Euro in favore di valute-rifugio quali Sterlina inglese e Yen giapponese; martedi il nuovo downgrade di Grecia e Portogallo; mercoledi il downgrade di Spagna e il tonfo delle Borse e dell'Euro, poi in parte recuperato. Oggi la paura collettiva è stata in parte allentata dalla riuscita nuova emissione di titoli italiani, che ha visto una richiesta da parte del mercato ben superiore al quantitativo disponibile.

Nel turbinio di analisi, pareri di esperti e voci incontrollate, si sono segnalate alcune considerazioni degne di nota:
  • I 45 miliardi di Euro messi a disposizione della Grecia sono solo una goccia nel mare degli aiuti necessari, stimati in circa 200 miliardi di Euro. Considerato che anche altri Paesi Europei hanno necessità di mettere in ordine i conti pubblici, il "pacchetto di aiuti" - per quanto grande possa essere, potrebbe risultare inefficace;
  • Piutosto che la bancarotta, la Grecia dovrebbe "ristrutturare" il proprio debito (come accadde all'Argentina): i creditori verrebbero rimborsati con una percentuale tra il 70 e il 50% del valore nominale; il resto costituirebbero perdite per i risparmiatori (cfr. "Roubini: «Salvare la Grecia è uno spreco di risorse pubbliche»" [ >> N.B. Se questa prospettiva si dimostrerà vera, non si capisce perché gli investitori istituzionali dovrebbero ancora acquistare titoli greci, sapendo che non riceveranno per intero il loro capitale prestato, ndr];
  • Le banche francesi (78,8 miliardi a dicembre 2009) e quelle tedesche (45 miliardi) risultano essere quelle maggiormente esposte nei confronti della Grecia: una bancarotta o una dichiarazione di insolvenza provocherebbe perdite a catena nei bilanci ed estenderebbe il contagio ad altre economie (cfr. IlSole24Ore 29.4 "Banche Ue in fuga da Atene: esposizione tagliata del 29%");

Nonostante questa ondata di notizie negative, cosa si aspettano davvero i mercati? Ho dato un'occhiata ad alcuni indici di mercato ed ho scoperto che:
  • La volatilità sui mercati (misurata dall'indice CBOE Market Volatility Index, ndr) continua ad essere bassa e sotto controllo: a parte alcuni picchi temporanei (p.e. la notizia del downgrade di Grecia, Portogallo e Spagna), i mercati sembrano riassorbire abbastanza bene le notizie negative di questi ultimi giorni. Questo può voler dire che i mercati sono ancora disposti ad acquistare bond sul mercato, purché siano solidi;
  • Le attese su variazioni nei tassi di interesse (misurate dal Future sui FED Funds, ndr) sono per il momento stabili: le quotazioni a termine - pur registrando variazioni positive fino al prossimo mese di Agosto - sono minori di quelle a pronti. Ciò potrebbe condurre ad aumenti (!) nel tasso di interesse della Federal Reserve statunitense entro l'estate, se questa tendenza dovesse consolidarsi nelle prossime settimane.
Quest'ultimo aspetto è particolarmente importante. Giusto ieri la Federal Reserve ha riconfermato il livello dei tassi di interesse compreso tra lo 0% e 0.25% (cfr. il comunicato stampa del Federal Open Market Committee, 28.4) e comunica di aspettarsi tassi di interesse e aspettative di inflazione ancora bassi per un lungo periodo.
Tuttavia sempre nel comunicato stampa si legge che il prossimo 30 Giugno si concluderà l'ultimo programma di facilitazione monetaria al mercato ancora in vita (c.d. "Term Asset-Backed Securities Loan Facility"). Tale programma rientrava nelle misure emanate all'inizio della crisi per rifornire di liquidità speciale gli operatori finanziari. In altre parole, dopo il 30 Giugno, la FED non pomperà più moneta aggiuntiva nel mercato!

E' la liquidità aggiuntiva che tiene sotto controllo la volatilità dei mercati? E cosa succederà dopo il 30 Giugno?
Che i mercati stiano già anticipando questa data? Che sia questo il vero motivo per cui si potrà verificare un aumento dei tassi di interesse?

Matteo Olivieri

>> Le informazioni qui contenute non (!) costituiscono sollecitazioni ad investire.

venerdì 23 aprile 2010

L’odissea greca: un decennio sprecato ed un altro perduto!


Cosenza (Italy), 23 Aprile 2010

Continua l’odissea dei conti pubblici greci. Nelle ultime ore si sono verificati fatti così sorprendenti uno dopo l’altro, che al momento riesce veramente difficile capacitarsene.
In breve, ecco la sintesi delle ultime 24 ore.
  • 22 Aprile: L’agenzia statistica europea EUROSTAT comunica che il rapporto Deficit/PIL greco per il 2009 è almeno del 13.6% e non del 12.7% per come comunicato dal Governo Greco, rivedendo il dato del 5.3% risultato poi falso. L’Eurostat aveva avviato indagini autonome sui conti pubblici greci per appurare l’esatta entità del buco di bilancio e conclude che esistono ancora dubbi riguardo ad alcune poste di bilancio, che potrebbero portare il valore finale del rapporto deficit/PIL fino al 14.1% (Cfr. FAZ “Griechische Schuldenkrise - Loch in Staatskasse größer als gedacht”);
  • 22 Aprile: l’agenzia di rating Moody’s abbassa il giudizio sulla Grecia da A2 ad A3, lasciando aperta la porta a futuri nuovi abbassamenti se non verrà ricostituita la fiducia dei mercati. (Cfr. Reuters, 22/04 “Moody's Cuts Greece, May Do So Again; Yields Spike”;
  • 23 Aprile: Il Primo Ministro Greco Papandreou dichiara che è necessario attivare il pacchetto di aiuti congiunti UE e FMI (cfr. FAZ “Schuldenkrise - Griechenland bittet EU und IWF um Hilfe”);
  • 23 Aprile: La probabilità di bancarotta misurata dai CDS vola, passando in meno di 24 ore da 34.74% a 39.02% (vedi tabelle sotto). Il Mid Spread, che misura il prezzo da pagare per proteggersi dal rischio di bancarotta, sale in 2 giorni di circa 150 punti base (1,5%)

                                  Mid Spread   CPD %

          21 Aprile              464.67        32.31

          22 Aprile              505.03        34.74

          23 Aprile              610.76        39.02

In momenti così complessi, si abbattono poi i giudizi dei moralisti, che - come furie - chiedono alla Grecia di dichiarare bancarotta, o di uscire dall’Unione Monetaria Europea (c.d. EMU), per non coinvolgere altri paesi europei e non trasformare l’EMU in una comunità di sovvenzionamenti pubblici. L’argomentazione più usata è quella in base alla quale la Grecia potrebbe così svalutare la propria moneta e pagare un debito più leggero in termini reali!
Soprattutto la richiesta fatta alla Grecia di lasciare l’EMU mi sembra un ragionamento molto superficiale, poiché dimentica per lo meno il fatto che i debiti in Euro assunti fino ad ora dalla Grecia si apprezzerebbero e quindi il peso del debito diverrebbe ancora maggiore a quello che oggi è!

Se guardiamo poi alla curva dei rendimenti dei titoli obbligazionari della Grecia, osserviamo che la curva è ormai diventata (quasi) piatta. I valori della curva sono tornati a quelli del 2000. Dunque, un decennio sprecato, poiché i benefici derivati dai minori tassi di interesse sul debito pubblico conseguenti all’entrata della Grecia nell’Unione Monetaria Europea nel 2002, si sono volatilizzati in spesa pubblica fuori controllo.

Una curva piatta significa che i tassi di interesse a breve scadenza sono praticamente gli stessi di quelli su più lunghe scadenze. In pratica per la Grecia prendere denaro a prestito a 3 anni costa quanto prenderlo a prestito a 30 anni.
Ovviamente, in una situazione tipica osserveremmo piuttosto una curva crescente, poiché prendere a prestito a lunga scadenza costa normalmente di più che a breve scadenza.

Una curva crescente (!) dei tassi di interesse ci dice quindi che i futuri (!) tassi di interesse a breve termine saranno maggiori degli attuali (!) tassi di interesse a breve termine. Al contrario, una curva decrescente (!) ci dice che i futuri (!) tassi di interesse a breve termine saranno minori degli attuali (!) tassi di interesse a breve termine. Nel caso della Grecia osserviamo invece una curva piatta.

Inoltre, poiché il livello di inflazione è anch’esso collegato al livello dei tassi di interesse, una curva dei rendimenti piatta ci dice che il mercato si attende:  
   • O un aumento dei tassi di interesse controbilanciato da un pari aumento dell’inflazione: cosa verosimile solo ammettendo una crescita sostenuta della domanda interna (cosa altamente improbabile al momento) o dell’economia globale (che funga da traino);

   • O un livello simile dei tassi di interesse e dell’inflazione: in questo caso, poiché un investitore non detiene a lungo un titolo a 30 anni, se può ottenere la stessa somma in 3 anni, è logico supporre vendite di massa sulle scadenze più lunghe della curva dei rendimenti e acquisti di massa sulle scadenze più brevi.
Ovviamente in questo caso non si dovrebbe parlare di creazione di nuova ricchezza, ma semplicemente di ricomposizione dei portafogli degli investitori. Gli scenari compatibili con una curva dei rendimenti piatta diventano due:
  • O la Grecia registrerà difficoltà crescenti a indebitarsi a lungo periodo e in questo caso si avrà deflazione! Infatti, l’aumento crescente dei tassi di interesse, in un contesto economico di non-crescita dell’economia, dovrà necessariamente significare tassi di interesse reali negativi!
  • O la Grecia riuscirà ad indebitarsi ancora sul lungo periodo, ma al costo di offrire tassi di interessi ancora più alti sui titoli a lunga scadenza, per controbilanciare le vendite degli investitori. Ma fino a che punto potrà pagare interessi crescenti sul debito pubblico?
Insomma, anche un'uscita dall'EMU non aiuterebbe la Grecia. Come Ulisse, un altro decennio amaro attende la Grecia...

Matteo Olivieri

>> Le informazioni qui contenute non (!) costituiscono sollecitazioni ad investire

mercoledì 21 aprile 2010

Ciao, ti presento il Dr. Morte!


Cosenza (Italy), 21 Aprile 2010

Quando è lui a parlare, le campane suonano a lutto…

Nouriel Roubini, Professore di Economia alla New York University, è soprannominato nell’ambiente “Dr. Doom”, poiché si è fatto la fama del “Dr. Morte”!

Nell’articolo CNBC di oggi 21.04 “Sovereign Debt Crisis Likely to Spread: Roubini”, il Prof. Roubini sottolinea come la crisi finanziaria che è iniziata in Grecia, si stia oramai diffondendo a molte altre economie dei Paesi OCSE. Il motivo è l'elevata crescita del debito pubblico, che mette a rischio ogni tentativo di crescita economica. I paesi maggiormente interessati sono – a detta di Roubini – i c.d. Paesi 'PIIGS' (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), ma anche gli Stati Uniti.

Realtà o esagerazione?
La seguente tabella del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, che mostra il rapporto percentuale Debito Pubblico/PIL alla fine del 2009 (fonte: OECD), sembrerebbe dare ragione al Prof. Roubini!



Tuttavia, io non sono completamente (!) d’accordo con questa affermazione: se certamente è vero che il debito pubblico nelle maggiori economie mondiali sta raggiungendo livelli esplosivi, occorre tenere sempre bene in mente la netta distinzione tra debito pubblico domestico e debito pubblico estero.

La percentuale di debito pubblico detenuto da paesi esteri è certamente indicativa dell'immagine di solidità finanziaria di cui un paese gode all’estero, nonché della sua futura capacità di indebitamento.

In questo senso la tabella relativa alla percentuale di solo debito pubblico estero come percentuale del PIL (vedi sotto), mostra una situazione notevolmente differente: Portogallo, Spagna, Italia e Grecia non sono messi male più di tanto, se paragonati ad altre economie.




In effetti, da una lettura incrociata delle due tabelle, si evince come sono altre le economie che dovrebbero destare maggiori preoccupazioni (p.e. l’Irlanda, che ha un livello estero di debito pubblico del 1.3520% rispetto al PIL). Interessante al riguardo notare come tra le economie europee (!) del G7, l’Italia è quella col minore rapporto Debito Pubblico Estero/PIL!

Quanto al resto, anche il Prof. Roubini è dell'idea che il pacchetto di aiuti alla Grecia non risolverà i problemi finanziari della Grecia. La ragione di questa affermazione va ricercata nel fatto che gli aiuti EU non mirano a risolvere i problemi strutturali greci, che sono invece causati da perdita di competitività, alta crescita dei salari e dei costi del lavoro (tali addirittura da superare la crescita della produttività), così come pure da politiche fiscali indisciplinate e, non ultimo, dall’apprezzamento dell’Euro nel periodo 2002-2008.
A detta di Roubini, l’Europa nel 2010 crescerà solo dell 0,9%, una performance deludente rispetto al 2,8% degli USA, all’8,2% dell’Asia (escluso il Giappone), e al 4% dell’America Latina.

Matteo Olivieri


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martedì 20 aprile 2010

"Tre anni per salvare l'Euro"


Cosenza (Italy), 20 Aprile 2010

Pregevole l'articolo su The Economist del 15 Aprile (in edicola questa settimana), dal titolo "Greece's debt crisis - Three years to save the euro". In esso trovano conferma tutti (!) gli spunti che i lettori di questo blog hanno già trovato nel mio contributo del 10 Aprile, intitolato "Crisi finanziaria, da adesso è solo un problema di pura logica!".

Vediamoli con ordine:
  • I tassi di interesse al 5% stabiliti dall'UE sono troppo bassi e il mercato ha reagito di conseguenza: dopo solo pochi giorni i rendimenti sui titoli greci sono ridiminuiti mentre il prezzo dei CDS ha ricominciato a salire, toccando oggi quota 465.33 punti base. Il differenziale tra titoli decennali tedeschi e greci ha invece toccato nell'ultima settimana i 427 punti base, che corrisponde ad un tasso di interesse sui titoli greci del 7,36%.
  • A meno che non si verifichi una peraltro inattesa crescita economica, la Grecia ha semplicemente posticipato al futuro i suoi problemi di bilancio, ma non eliminato i rischi di bancarotta;
Perchè tre anni? Perchè e' il periodo su cui si estende l'ammontare di crediti previsti dall'UE. Per il primo anno l'ammontare è stato fissato in 30 miliardi di Euro, per gli altri due anni ancora non è stato stabilito alcun importo.

Molto interessanti i numeri commentati nell'articolo: anche se la Grecia creasse attraverso manovre fiscali avanzi primari del 10% annuo nei prossimi 5 anni, potrebbe essere necessario un ulteriore indebitamento sul mercato per altri 67 miliardi di Euro; la qual cosa porterebbe il livello di debito pubblico al valore del 150% del PIL nel 2014, un livello raggiunto oggi solo dal Giappone.

[Per completezza, nell'articolo del Wall Street Journal 20.4, "Greek Debt Crisis Seen Getting Worse" si cita il parere del Presidente della Deutsche Bundesbank Axel Weber, il quale sostiene che la Grecia potrebbe aver bisogno di un'assistenza finanziaria complessiva di 80 miliardi di Euro (30 dei quali messi già in campo!, ndr) per evitare il rischio di bancarotta].

Inoltre, si cita che le banche dell'Euro Zona sono esposte per circa 120 miliardi di Euro nei confronti della Grecia, circa 70 dei quali rappresentati da titoli di debito pubblico. Le banche francesi e tedesche sono quelle più esposte, con crediti che ammontano al 40% del totale.

Concordo poi sulle conclusioni: un Paese che per anni ha mal gestito e mal riporato i dati di bilancio pubblico, dovrà tirare la cinghia per altrettanti anni a venire...

PS: devo segnalare un errore nell'articolo de IlSole24Ore 15.4, "Economist: «Tre anni per salvare l'euro»", che così riporta: "Il settimanale britannico The Economist ha provato a spiegarlo. Al centro di tutto c'è la questione tassi. Il governo tedesco, con le elezioni alle porte, ha voluto che il prestito triennale della Ue per oltre 30 miliardi di euro fosse rimborsato a un tasso del 5%, vicino ai parametri di mercato. Secondo l'Economist questa è una scelta sbagliata. In casi di emergenza - scrive il settimanale - il tasso di finanziamento dovrebbe essere più basso di 3-5 punti percentuali. Per favorire il rientro del debito".

Nell'articolo di The Economist invece sta scritto il contrario: "On April 11th, after spreads on Greek debt had soared and the first signs emerged of a possible run on its banks, euro-area leaders agreed to offer the beleaguered Greek government up to €30 billion ($41 billion) of three-year loans, at an interest rate of 5%. That is not cheap, but it is much less than private investors were demanding. Add in a further €15 billion that the IMF is likely to provide, and Greece has been promised enough help to cover its financing needs for 2010".

Matteo Olivieri


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lunedì 19 aprile 2010

Cosa attenderci dal cambio Euro/Dollaro?


Cosenza (Italy), 19 Aprile 2010

All'indomani della diffusione di notizie poco confortanti, quali il quasi completo azzeramento dei fondi immobiliari di Goldman Sachs, Morgan Stanley e (notizia di oggi!) anche di Deutsche Bank, nonchè l'indagine avviata dalla SEC (Securities and Exchange Commission, omologo statunitense della CONSOB italiana) contro Goldman Sachs, per appurare se questa abbia defraudato i propri clienti attraverso notizie incomplete o non veritiere collegate alla vendita di prodotti finanziari subprime (leggi qui), il Dollaro prosegue il suo lento ma costante apprezzamento. Cosa abbastanza interessante, considerato che il Dollaro sembra non aver risentito affatto di notizie così poco confortanti.

Magie del mercato valutario? Può essere...

Guardando alle quotazioni dei cambi e dei tassi di interesse di mercato, al momento (!) si notano due tendenze:

  1. I cambi a pronti e a termine mostrano valori abbastanza simili: questo vuol dire che da qui a 2-3 mesi i mercati si attendono un valore del cambio Euro/Dollaro pressochè invariato;
  2. I differenziali di interesse tra Europa e Stati Uniti si stanno riducendo giorno dopo giorno: la differenza è certamente ancora a favore dell'Europa (titoli europei ancora da preferire, ndr), ma il ritmo di ripresa degli Stati Uniti sembra molto più deciso.
Cosa potrebbe significare tutto ciò? Probabilmente potrebbe essere il segno che la Federal Reserve ha cominciato a rivendere sul mercato i titoli acquistati durante il picco della crisi a titolo di "stimolo" dell'economia.
Ciò potrebbe trovare conferma nel fatto che le quotazioni dei titoli obbligazionari USA stanno segnando variazioni negative lungo tutte le scadenze della curva dei rendimenti.
Autorevoli commenti a supporto di questa interpretazione cominciano peraltro a diffondersi: per esempio consiglio l'articolo CNBC, 16.04 "Fed should exit easy policy "deliberately": Hoenig".
A mio avviso, se queste tendenze si confermassero nelle prossime settimane, ciò potrebbe precludere ad un aumento dei tassi di interesse negli USA prima del previsto...probabilmente entro i prossimi due mesi (!), mentre la maggior parte degli economisti non li attende che per fine 2010 o inizio 2011.

Matteo Olivieri


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domenica 18 aprile 2010

Bye bye Euro!



Cosenza (Italy), 18.04.2010

Credo che nel 2005 avrei pagato oro pur di trovare qualche voce che si esprimesse a favore di una riforma dell’Unione Monetaria Europea. Il fatto è che la moneta unica era in vigore da solo 3 anni; le economie mondiali avevano ripreso a viaggiare a gonfie vele dopo la mini-recessione post 11 Settembre 2001; gli economisti della BCE erano vittoriosi nel contenimento dell’inflazione entro i parametri stabiliti, e in Europa c’era un grande senso di euforia.

Obiettivamente, che senso ha una voce fuori dal coro, proprio quando tutto sembra funzionare al meglio? Nessuno ti crede!

Da parte mia evidenziavo 3 cause di collasso dell’architettura monetaria europea:

1. Il problema dei deficit sistematici: non esiste un modo davvero efficace per impedire agli Stati di attenersi ai criteri del Trattato di Maastricht. L’unica possibilità prevista è attivare una procedura di infrazione, che consiste nel pagare una multa all’UE, oltre all’obbligo di rientrare nei parametri previsti. Ciò pone tuttavia un problema di “azzardo morale”, poiché se uno Stato non è in grado di rientrare da un debito eccessivo, avrà difficoltà anche a pagare la multa;

2. Il valore dei titoli obbligazionari in portafoglio: le riserve di valore di Stati, Banche Centrali e degli operatori sui mercati finanziari è costituito principalmente da titoli obbligazionari detenuti in portafoglio. Un deprezzamento delle valute o un deterioramento delle finanze pubbliche, producono ribassi nel prezzo dei titoli obbligazionari, cioè perdite in conto capitale;

3. Il sistema bancario: ipotizzando uno scenario deteriorato dai punti 1 e 2, l’unica possibilità di tenere in vita l’Unione Monetaria Europea è poter contare su un efficiente sistema di pagamenti, ovvero su un sistema bancario in grado di allocare risorse dove è più necessario. Se anche questo canale divenisse inefficiente (magari perché anch’esso affetto dai problemi di cui ai punti 1 e 2), l’intero sistema economico avrebbe difficoltà di approvvigionamento di risorse monetarie.

E’ interessante notare che l’attuale crisi si sta delineando esattamente con queste caratteristiche, che per molti aspetti sono una replica fedele delle crisi finanziarie degli anni ’70 (deprezzamenti consistenti dei titoli in portafoglio e conseguente crisi di liquidità)!

(Per completezza devo aggiungere che a monte di tutto ciò esiste quello che a mio avviso costituisce il problema di fondo, ovvero il modo in cui sono stati fissati i tassi irrevocabili di conversione tra le valute nazionali).

Sono di questi giorni due articoli fondamentali apparsi sul Frankfurter Allgemeine Zeitung del 16.04. Nel primo, "Europäische Währungsunion, Euro-Gruppe unterstützt Reformvorschläge" ("Unione Monetaria Europea - L'Euro-Gruppo sostiene le proposte di riforma", ndr), si sostiene che i ministri europei concordano con la proposta del Commissario UE Olli Rehn di cambiare le regole di fondo dell’Unione Monetaria. Tali variazioni sono da intendersi come un rafforzamento del Patto di Stabilità Europeo.

Il Commissario Rehn ha anticipato che presenterà le sue proposte concrete il prossimo 12 Maggio, ma in questi giorni ha già espresso le sue ansie riguardo alle differenze nella competitività nazionale, e i conseguenti squilibri macroeconomici tra i paesi europei. Tali differenze dovrebbero essere ridotte non (!) richiedendo ai paesi con forti esportazioni di ridurle unilateralmente, quanto piuttosto richiedendo agli stati con alti deficit di adeguare (riducendoli, ndr) gli stipendi nel settore pubblico.

Nel secondo articolo, "Europäische Währungsunion - Quadratur des Kreises" ("Unione Monetaria Europea - La Quadratura del Cerchio", ndr), si sottolinea come la proposta del Commissario Rehn ha suscitato molta perplessità in Germania, poiché si sospetta la possibilità che l'UE voglia richiedere alla Germania di diminuire la propria quota di export. Nell’articolo si dice pure: “Spätestens seit der Griechenland-Misere ist jedem klar, dass der EU-Stabilitätspakt in der jetzigen Form nichts taugt” (“Almeno dopo il caso pietoso Grecia a ognuno è chiaro, che il Patto di Stabilità Europeo nella forma attuale non va bene” ndr).

La mia conclusione è duplice:

• FELICE di constatare come la diagnosi è ormai chiara a tutti: l’Unione Monetaria Europea NON è solida per come i burocrati europei hanno finora euforicamente sostenuto;

• INFELICE di constatare come esistano grossi rischi di una prognosi sbagliata: richiedere maggiore risparmio alle economie in deficit vuol dire introdurre potenti elementi deflazionistici, che – per definizione – non sono tollerabili a lungo. La soluzione va ricercata a mio avviso nei tassi immodificabili di conversione!

Matteo Olivieri

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sabato 17 aprile 2010

"Ma liberaci dal male....."


Cosenza (Italy), 17 Aprile 2010

Non avevano tentato di farci credere giusto la settimana scorsa che il peggio della crisi fosse ormai passato, che le Borse in risalita preannunciassero una ripresa dell’economia mondiale, e che il pacchetto di salvataggio della Grecia avesse definitivamente scongiurato il rischio di insolvenza e di contagio ad altre economie europee?

Ecco allora una bella dose di notizie poco incoraggianti, giusto per ricordarci che non è una rondine che fa primavera!


  1. Wirtschaftswoche 16.04 „Dramatische Preisschwankungen bei Rohstoffen“ ("Drammatiche variazioni nei prezzi delle materie prime", ndr), dove si sottolinea come l’attuale elevata volatilità segnala prezzi in salita e maggiori rischi nella pianificazione di nuove attività economiche, il che agisce come un freno sugli investimenti futuri. Tra le cause di tale volatilità l’articolo cita oltre i fattori tradizionali come la congiuntura economica, l’ammontare delle riserve e la capacità produttiva potenziale, anche i nuovi “attori di mercato”, tra cui speculatori, fondi di investimento, assicurazioni e casse pensionistiche, che con i loro investimenti nel settore delle materie prime, cercano di diversificare meglio i propri rischi;

  2. Reuters 16.04, “Consumer Mood Unexpectedly Worsens in April”, dove si sottolinea come le aspettative dei consumatori (c.d. sentiment) misurato dal sondaggio dell’University of Michigan è sceso ai minimi dell’anno. Nell’articolo si dice che il “Consumer sentiment is seen as a proxy for consumer spending, which fuels about 70 percent of the U.S. economy” (“l’indice è un’approssimazione della spesa dei consumatori, la quale rappresenta circa il 70% dell’economia americana”, ndr);

  3. Sul fronte dei fondi immobiliari continua la catena di perdite e svalutazione dei portafogli:  

    1. Business Week, 14.04 “Morgan Stanley Said to Lose 61% on Real Estate Fund (Update1)”: Morgan Stanley dichiara di aver perso il 61% del valore del proprio fondo immobiliare;

    2. Handelsblatt, 16.04 “Auch Goldman-Fonds erleidet Milliardenverlust”: anche la banca d’affari Goldman Sachs, colosso di Wall Street, dichiara problemi immensi nel settore dei fondi immobiliari, con perdite pari al 98% del proprio portafoglio immobiliare (cfr. anche
      Financial Times 16.04 “Goldman Real Estate Fund Lost 98 Cents on the Dollar”). Inoltre, da calcoli effettuati dal Congresso U.S.A. pare che addirittura un terzo delle banche degli Stati Uniti siano a rischio a causa dei mutui immobiliari. 

  4. A complicare le cose, pure le eruzioni del vulcano islandese, che spargendo di ceneri i cieli di mezza Europa, rischia di mandare in tilt il traffico aereo europeo per mesi e di costare milioni di dollari al giorno alle economie europee (cfr. Bloomberg 17.04 “Icelandic Eruptions May Disrupt Air Travel for Months (Update2)”.
Queste notizie non fanno che confermare la drammaticità del momento. Svalutazioni di questa portata avrebbero conseguenze a catena, producendo immense perdite sui bilanci privati e pubblici. Il pericolo di cronica distruzione di base monetaria è acuto. Nonostante la buona volontà dei Governi e delle Banche Cetrali di pompare denaro nell'economia, la portata di ciò che incombe sul nostro futuro è molto più consistente!

Matteo Olivieri


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giovedì 15 aprile 2010

Cicli economici: "Siamo tutti keynesiani"?


Cosenza (Italy), 15 Aprile 2010

"Credit crunch", "bolla speculativa", "trappola della liquidità", "stimoli fiscali"....parole non più estranee all'orecchio dell'uomo di strada, ma non sempre del tutto comprese!

Ho pensato che possa essere utile conoscere le due principali teorie del ciclo economico, spiegate dalle parole dei loro stessi fondatori.




[Se non visualizzi correttamente il video, clicca qui!]

Per chi volesse approfondire i termini dello scontro molto duro che oppose la Scuola di Cambridge a quella di Vienna per tutto il Novecento, rimando senz'altro all'articolo di Dario Antiseri, su Il Corriere della Sera (4.9.2000) "HAYEK-KEYNES I rivali che divisero il Novecento".


Matteo Olivieri


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mercoledì 14 aprile 2010

"Me e Mr. Soros"


Cosenza (Italy), 14 Aprile 2010

Se c'è una cosa che unisce me e George Soros, il leggendario investitore che nel 1992 obbligò le autorità inglesi a svalutare la Sterlina e a uscire dal Sistema Monetario Europeo, non sono di certo i miliardi nè la fama. Forse però condividiamo la prospettiva che questa crisi finanziaria sembra aver assunto, cosa che ci ammette di diritto nel ristretto club di voci fuori dal coro!

In un articolo apparso oggi su CNBC «George Soros Warns About Greek 'Debt Spiral'», George Soros sostiene che il pacchetto messo a punto dall'UE non è sufficiente a salvare la Grecia.
Egli sottolinea che il tasso del 5% a cui l'UE offrirebbe credito alla Grecia è migliore di quello che i mercati sono disposti a concedere. Per questo motivo, ci sono timori fondati che i mercati non siano disposti a tollerare a lungo tassi così bassi, e che quindi la Grecia possa cadere in una nuova spirale del debito.
Un'altra voce importante fuori dal coro, che si aggiunge a quella già espressa dal colosso mondiale degli investimenti obbligazionari PIMCO (cfr. mio ultimo post).

Condivido pienamente questa analisi e aggiungo che - a mio avviso - siamo ancora molto lontani dalla ripresa economica! Anche durante la Grande Depressione ci furono molti segnali incoraggianti, anche se le notizie deludenti non tardavano ad arrivare.

Ovviamente ognuno di noi auspica una pronta ripresa, ma i pericoli di un acuirsi della crisi (c.d. double dip) sono dietro l'angolo. E' bene dunque stare vigili e informati.
Come si manifesterebbe dunque questa "spirale del debito"? A mio avviso in 10 mosse!
Proviamo ad immaginare la struttura tipica dei bilanci societari: ATTIVITA' = PASSIVITA' + PATRIMONIO NETTO.

1) I minori corsi dei titoli obbligazionari CAUSANO perdite in conto capitale;
2) Le perdite in conto capitale CAUSANO un minore patrimonio netto;
3) Il minore patrimonio netto CAUSA un minore attivo patrimoniale;
4) Il minore attivo patrimoniale CAUSA minori crediti (oltre che minori investimenti e consumi);
5) I minori crediti CAUSANO minori vendite;
6) Le minori vendite CAUSANO minori ricavi;
7) I minori ricavi CAUSANO minori entrate;
8) Le minori entrate CAUSANO minore liquidità nel sistema;
9) La minore liquidità nel sistema CAUSA una cronica anemìa economica, con conseguente incapacità di rifinanziare dosi crescenti di debito (tanto più che i tassi di interesse delle Banche Centrali occidentali sono vicini allo zero);
10) La cronica anemìa di liquidità nel sistema è un effetto collaterale della deflazione!

Ecco un motivo in più per cominciare a immaginare soluzioni per uscire dalla crisi che non passino necessariamente dall'emissione di maggior debito! Uno sforzo di immaginazione notevole, visto che implica il ripensamento del tradizionale paradigma economico di crescita attraverso il debito (cfr. il Teorema di Modigliani-Miller sulla irrilevanza della struttura finanziaria)!


Matteo Olivieri


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martedì 13 aprile 2010

Chi sta acquistando bond greci?


Cosenza (Italy), 13 Aprile 2010

Solo ieri, 12.4, il quotidiano tedesco DIE WELT scriveva "Anleger feiern die Rettung Griechenlands" ("Gli investitori festeggiano il salvataggio della Grecia", ndr), e ancora oggi 13.4 "Anleger greifen gierig nach Griechen-Anleihen" ("Gli investitori affamati di titoli greci", ndr), sottolineando come nell'asta odierna la Grecia sia riuscita a raccogliere sul mercato 1,56 miliardi di Euro, ben superiori agli 1,2 miliardi inizialmente previsti.

L'asta ha riguardato l'emissione di titoli a 6 mesi (per un volume di 780 milioni di Euro al 4,55%) e  a 12 mesi (per un volume di 780 milioni di Euro al 4,85%). Stando alle fonti di stampa (cfr. FAZ 13.4, "Griechenland nimmt fast 1,6 Milliarden Euro auf", "La Grecia raccoglie circa 1,6 miliardi di Euro", ndr) la richesta dei titoli a 12 mesi è stata di 6,5 volte superiore, quella per i titoli a 6 mesi 7,7 volte superiore.

In una bella intervista apparsa oggi su DIE WELT, dal titolo "Anleihe-Fonds verzichtet auf Griechenland-Papiere" (Fondo obbligazionario rinuncia a titoli greci", traduzione in proprio), Andy Bosomworth, responsabile della gestione del portafoglio di PIMCO, colosso mondiale nella compravendita di titoli obbligazionari, dichiara di non aver partecipato all'asta di titoli greci!
 
Il motivo? La rendita offerta dai titoli greci sarebbe troppo bassa!
In particolare Andy Bosomworth sostiene che ora i titoli greci offrirebbero lo stesso livello di interessi che l'UE e il FMI ricevono per i loro crediti, sebbene il rischio di insolvenza sia decisamente maggiore. Una rendita equa sarebbe al 7,5%, mentre per una rendita pari a quella offerta dalla Grecia, si trovano sul mercato investimenti più sicuri, come per esempio i titoli brasiliani!
Oltre a ciò, si fa presente che i crediti eventualmente concessi dall'UE e dal FMI hanno un diritto di prelazione, per cui se la Grecia dovesse dichiarare bancarotta, verrebbero rimborsati prima tali crediti, e poi - se qualcosa fosse ancora disponibile - i titoli acquistati in tali aste.

Come mai dunque il principale acquirente mondiale di titoli obbligazionari decide di tenersene alla larga, mentre c'è una fila di investitori pronti ad acquistare "con avidità" i titoli greci?
E poi, chi possono mai essere gli acquirenti di titoli che rendono poco a parità di rischio, e che se dovesse verificarsi una bancarotta, verrebbero rimborsati eventualmente per ultimi?
Insomma, chi c'è dietro queste aste?

Domande troppo interessanti, che non possono lasciare indifferenti nè gli economisti, nè il vasto pubblico!

Matteo Olivieri


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lunedì 12 aprile 2010

Deflazione, lo spettro che si aggira per l'Europa!


Cosenza (Italy), 12 Aprile 2010

Mentre la maggior parte degli analisti e dei media internazionali saluta con gioia i dettagli dell'accordo di salvataggio della Grecia, dettagli stabiliti la scorsa domenica in un'insolita videoconferenza tra i rappresentanti delle nazioni europee, sono riuscito a trovare solo alcune voci fuori dal coro. Eccole:

1) IlSole24Ore, 11.04 "Resta l'incognita sui tassi": in questo articolo emergono i dubbi riguardo ai tassi di interesse da applicare sui crediti messi a disposizione, dubbi che in questo blog avevo sottolineato già il giorno prima (cfr. mio ultimo post);

2) CNBC, 12.04, “Greek Debt Crisis 'Not Over': StanChart Exec.”: in questo articolo si evidenzia come l'Unione Europea abbia messo a disposizione solo 30 dei circa 54 miliardi di Euro necessari per rifinanziare completamente il proprio debito. Per questo motivo, la partita è ancora tutta aperta! Subentrerà il FMI per la quota restante o si ricorrerà al mercato?
3) CNBC, 12.04 "Greek Bank Shares Rally, Bond Yields Fall": in questo articolo si sottolinea come nonostante il pacchetto di aiuti abbia per il momento ridato fiato alle quotazioni azionarie, il rendimento dei titoli di Stato continui a scendere, segno che se si riuscirà ad evitare una crisi di liquidità, probabilmente non si riuscirà ad evitare continue perdite in conto capitale (c.d. "effetto reddito")!
4) CNBC, 12.04, "Deflation the Only Option for Greece-IMF Chief": è l'articolo a mio avviso più rilevante, per cui occorre che mi ci soffermi più a lungo qui di seguito.

L'articolo numero 4 ripercorre i temi affrontati in un'intervista col Direttore Esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn. Egli sostiene che "l'unico rimedio effettivo che rimane alla Grecia è la deflazione" [traduzione in proprio].

Mi sembra un'analisi obiettiva e condivisibile, anche se terribile e impopolare. Deflazionare l'economia infatti vuol dire ridurre il livello generale dei prezzi, il che implica una riduzione della produzione, della domanda interna, della produttività, dei servizi pubblici offerti, degli standard di vita finora garantiti.

Da un punto di vista teorico, essa potrebbe essere ottenuta attraverso vari metodi:
  • Aumento della quota di risparmio privato, p.e. rimandando al futuro investimenti e consumi;
  • Aumentando la quota di esportazioni rispetto alle importazioni;
  • Diventando un Paese importatore di capitali, p.e. attraverso i c.d. FDI cioè gli "investimenti diretti esteri", oppure diventando creditore netto di altri Paesi;
  • Aumentando la produttività del capitale, in modo tale che i rendimenti netti siano stabilmente positivi (in questo caso occorrerebbe trovare dei settori di investimento che assicurino profitti netti positivi);
  • Apprezzamento reale della valuta, in modo che i tassi di interesse reali negativi, cioè che i tassi nominali di interesse siano minori dell'inflazione, ovvero che il livello dei prezzi sia più alto degli interessi corrisposti sul capitale. 
A guardare bene, i crediti messi a disposizione dall'UE (e che spetta alla Grecia decidere quando cominciare ad utilizzare) vanno esattamente in questa direzione: essi consentono alla Grecia di ottenere crediti netti, poichè il tasso di interesse applicato è inferiore a quello corrente di mercato (c.d. reservoir di valore).

In altre parole, finita l'epoca dell'irresponsabilità fiscale della Grecia, toccherà agli altri Paesi europei ripagare il debito, concedendo somme di denaro a condizioni particolarmente vantaggiose perchè non di mercato.

Già in miei precedenti post rilevavo come flussi di crediti eventuamente concessi alla Grecia equivalgono di fatto a dei "trasferimenti netti di produttività", ovvero le nazioni ricche acconsentono a privarsi di loro risorse nette in favore della Grecia.

Sarebbe troppo lungo analizzare in questo post le conseguenze di tali decisioni: mi riprometto di farlo in un successivo contributo. Quello che qui mi preme segnalare è che la deflazione per sua stessa definizione implica un sistematico restringimento della base monetaria...vale a dire una carenza costante di moneta nel proprio sistema produttivo (una parte di questi fondi vanno necessariamente all'estero).

Pertanto, se il contagio di una deflazione venisse scongiurato, altri Paesi patirebbero maggiori livelli di inflazione. Per questo motivo non mi sembra del tutto irrealistico lo studio del capo-economista del FMI Olivier Blanchard (studio citato sempre nell'articolo numero 4), in cui si suggerisce di innalzare i target di inflazione delle Banche Centrali dei principali Paesi del mondo.

Io non credo al "destino"...tuttavia, il finale di questa storia è già scritto!

L'attuale Architettura Monetaria Europea crea una distinzione perversa in 2 categorie di Paesi: quelli importatori di inflazione e quelli esportatori di deflazione. La Grecia, che finora ha finora importato inflazione da Paesi come Germania e Paesi Bassi (con l'ulteriore aggiunta di politiche populiste domestiche), dovrà riprendersi quello che le è stato tolto in passato, a causa di insensate posizioni ideologiche.
Quando ciò si manifesterà compiutamente, saremo tutti più poveri. Ma ciò costituisce, a mio avviso, la morte del Sistema Monetario Europeo per come noi oggi lo conosciamo, poichè sotto l'ipotesi di tassi reali neativi (=deflazione), sarebbe ancor più conveniente indebitarsi! Per quanto tempo ancora questo scenario sarà sostenibile?

Matteo Olivieri


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sabato 10 aprile 2010

Crisi finanziaria, da adesso è solo un problema di pura logica!



Cosenza (Italy), 10 Aprile 2010

Dopo il downgrade di ben 2 gradini effettuato venerdi da Fitch, la Grecia si trova al livello di investimento BBB-, il minimo prima del grado "significativo" di rischio.

I mercati hanno cominciato a diventare insofferenti, e già da qualche giorno da più fonti (lo stesso Fitch addirittura da giovedi!) si richiede alla Grecia di utilizzare i fondi messi a disposizione dal FMI e dall'UE.
Per eccellenti resoconti sulle ultime vicende, posso senz'altro rinviare ai seguenti articoli:

1) The Economist 8.4 "Greece's deepening debt crisis. The wax melts"
2) ILSOLE24ORE 10.4, "Mini-sconto sui tassi per Atene"
3) Die Welt, 9.4 "Überschuldung. EU-Unterhändler einig über Griechenland-Rettung"

In particolare, l'articolo del DIE WELT cita apertamente che l'accordo di Bruxelles del 25 Marzo u.s. non chiarisce affatto come l'Europa dovrebbe intervenire. In particolare si sottolinea come l'accordo in questione abbia addirittura confuso gli operatori finanziari!
Questo è il motivo per cui domani pomeriggio i rappresentanti dei Paesi Europei decideranno come concretizzare nei dettagli l'accordo di Bruxelles, vale a dire definire l'ammontare di risorse disponibili e il tasso di interesse da applicare.

Fin qui la cronaca, veniamo ora all'economia!

Sul piatto ci sono più alternative, tra cui se i tassi di interesse sui prestiti da applicare debbano essere superiori (cfr. Reuters 9.4 "Euro zone would charge Greece more than 6 percent: sources"), inferiori (cfr. Reuters 9.4 "Greece needs discount from Germany: Soros) o uguali (Reuters 9.4 "Germany has no doubt Greece can refinance its debts") ai tassi di mercato.

Le mie conclusioni sono semplici. Se i tassi di interesse offerti dall'UE e dal FMI sono:

a) SUPERIORI a quelli di mercato, la Grecia non avrebbe alcun interesse a indebitarsi con questi: questa alternativa mi sembra pertanto poco convincente;

b) UGUALI a quelli di mercato, la Grecia non avrebbe alcun interesse ad accettare tali fondi: anche questa alternativa mi sembra pertanto poco convincente;

c) INFERIORI a quelli di mercato, la Grecia non avrebbe più alcun interesse ad indebitarsi sui mercati finanziari internazionali (sulla stampa tedesca si dice che la UE avrebbe già disponibili per la Grecia 50 miliardi di Euro)....Questo aspetto è particolarmente rilevante, poichè il Governo Greco continua a dichiarare di avere in programma un tour negli USA, Asia e Medio Oriente per piazzare le nuove imminenti emissioni di titoli di Stato. Ma perchè continuare a indebitarsi a tassi di mercato se gli organismi internazionali sono disposti a finanziare a tassi inferiori?

Insomma, ancora una volta credo che ci si stia arrampicando sugli specchi, cercando di far quadrare il cerchio di opposte diplomazie. La Germania per esempio si è detta fermamente contraria a qualsiasi aiuto che abbia il sapore di "sovvenzione pubblica" (per questo motivo si è deciso di imporre un tasso di interesse sulle somme che la Grecia dovesse prendere a prestito); Francia e Italia si sono invece dette disposte ad aiutare la Grecia in ogni caso, per scongiurare possibili effetti a catena su altre economie europee, cosa che avrebbe effetti ancor più deleteri.

Quale che sia la decisione che si prenderà, il finale è a mio avviso già scritto: se la Grecia non accetterà quei soldi, finirà nel ciclone dei mercati finanziari; se invece li accetterà, quei denari non rifletteranno il rischio reale della Grecia, poichè saranno dati a condizioni fuori mercato, quindi di favore...e i mercati non mancheranno di reagire a tutto ciò!

Matteo Olivieri

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venerdì 9 aprile 2010

Scontro al vertice nell'Empireo degli Economisti: Yale contro Harvard.



Cosenza (Italy), 9 Aprile 2010

L'attuale crisi dei mercati è molto più che una semplice sfida tra buoni da una parte (i.e. Governi) e cattivi dall'altra (i.e. speculatori): è invece prima di tutto una sfida tra teorie economiche, tra economisti di fama...e tra università-èlite!

Il premio in palio è molto ambizioso: essere in prima fila nell'influenzare le regole del gioco, e magari passare alla storia tra i protagonisti di un periodo così tormentato per le economie mondiali.

Al momento sono due le figure di riferimento nel panorama economico, e quando loro parlano, il mondo finanziario li ascolta con grande attenzione.

Uno è Larry Summers, oggi consigliere economico del Presidente Obama ed ex ragazzo prodigio di Harvard, il quale (assieme all'ex Presidente della Federal Reserve Alan Greenspan) nei giorni scorsi si è detto convinto che la ripresa economica sia già in atto, ma che tuttavia avrà bisogno di altro tempo per manifestarsi compiutamente...

• CNN, 4.4 "Economy getting better, but still “a long way to go”"
• Bloomberg, 5.4 "Summers, Greenspan Say Economy, Job Creation Gaining Strength"
• Handelsblatt, 6.4 "US-Wirtschaft: Aufwärts, aber langsam"

...l'altro e Robert Shiller di Yale, colui il quale avrebbe previsto l'insorgere della crisi prima di tutti gli altri, il quale ha dichiarato al giornale tedesco Handelsblatt (vedi sotto) che i pericoli di un riacuirsi della crisi (c.d. double-dip) sono tutt'altro che improbabili.

• Handelsblatt, 7.4 "US-Ökonom Shiller: „Es kommen fünf enttäuschende Jahre“"

Tra le altre cose, nell'articolo citato, il Prof. Shiller ricorda come i periodi di elevato indebitamento sono generalmente connessi con minori tassi di crescita, e per questo motivo ritiene che ci attenderanno altri 5 (!) anni deludenti dal punto di vista economico.

A complicare il già confuso quadro della situazione si aggiungono le anticipazioni di stampa sulle previsioni economiche effettuate dalla Banca Mondiale (1) e dall'OCSE (2): la prima evidenzia come le economie asiatiche continueranno a crescere in maniera vorticosa; la seconda conclude che tra le economie avanzate solo gli USA e il Giappone riprenderanno a crescere, ma non l'Europa.

1) CNBC, 7.4 "World Bank Raises East Asia GDP Growth Forecast"
2) Handelsblatt, 7.4 "OECD-Ausblick: Europas Wirtschaft fällt weiter zurück"

Sarà per l'elevato indebitamento che l'Europa non riuscirà a tenere il passo con il resto del mondo? E come mai l'economia si dimostra globalizzata nella fase di contagio della crisi ma non in quella di diffusione della crescita?

Matteo Olivieri

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giovedì 8 aprile 2010

Ripresa economica, aspettando Godot?



Cosenza (Italy), 8 Aprile 2010

Stiamo o non stiamo uscendo fuori dalla crisi? Gli ultimi giorni sono talmente pieni di vicende interessanti, che stargli dietro è praticamente impossibile.

Proviamo a ricapitolare:

1) Nei giorni scorsi si era diffuso un generale ottimismo su alcuni segnali promettenti che potevano indicare un'uscita dalla crisi più veloce del previsto. E' di oggi invece la notizia sempre dagli USA di un ulteriore dato negativo che si aggiunge a quello dei maggiori pignoramenti sugli immobili: un inatteso aumento nei sussidi di disoccupazione (cfr. Reuters, 8.4, "Wall St set to fall as Greece, jobless claims weigh")!

2) La crisi greca continua a farsi sentire: l'agenzia di rating Fitch chied alla Grecia di ricorrere ai fondi congiunti Europa/Fondo Monetario Internazionale (cfr. Reuters, 8.4 "Fitch: time has come for Greece to ask EU/IMF cash"), ma questa continua a sostenere che è ancora possibile continuare a ricorrere al mercato. Nel frattempo, la spirale di scetticismo riguardo al grado di solvibilità della Grecia aumenta: il prezzo dei bond traballa, il differenziale di tassi di interesse (c.d. spread) rispetto ai titoli di Stato tedeschi raggiunge un nuovo record, andando in mattinata oltre i 450 punti base (cfr. Reuter 8.4 "Greek fears rock equities, bond spreads"). Anche il differenziale tra titoli di Stato portoghesi e tedeschi aumenta, e raggiunge i 132 punti base, il massimo da Marzo;

3) L'agenzia di stampa Bloomberg riporta le dichiarazioni rassicuranti del Presidente della BCE Trichet, il quale dice di non attendersi una bancarotta della Grecia, nonostante la caduta nel prezzo dei bond greci e il rallentamento delle Borse connesse ai timori del debito:
- 8.4 "Greek Bonds Slump, Stocks Decline on Debt Concern; Yen Rallies";
- 8.4 "ECB’s Trichet Indicates He Doesn’t Expect Greek Default";

Oltre a ciò, sono due le notizie fondamentali, che finalmente trovano eco sulla rassegna stampa internazionale, ma di cui i lettori di questo blog erano già a conoscenza:

1) Il Piano di Salvataggio per la Grecia è definito "non chiaro" --> cfr. Handelsblatt 8.4 "Märkte im Sturzflug: Griechenland rückt immer näher an den Abgrund" (Mercati in caduta libera: La Grecia sempre più vicina al baratro": «[...] Il rapido aumento dei premi per il rischio per le obbligazioni greche e le ambiguità circa il piano di emergenza dell'UE non hanno concesso molto tempo, ha detto l'analista Chris Pryce responsabile per il paese mediterraneo. "E 'tempo che l'Euro-Zona e il Governo Greco riconoscano la vera estensione dei loro problemi". Egli ha inoltre lamentato il fatto che, nonostante il piano di salvataggio deciso il mese scorso, non è chiaro ciò che l'UE voglia fare esattamente, quando lo farebbe e che ammontare di aiuto potrebbe predisporre».

2) Il mercato dei futures segna un leggero rallentamento dopo la comunicazione di maggiori richieste di sussidi di disoccupazione negli USA (cfr. CNBC, 8.4 "Futures Slide After Jump in Jobless Claims"): questa notizia confermerebbe la mia interpretazione della salita del prezzo dei futures dei giorni scorsi. Infatti, esso sarebbe connesso - per come ho già avuto modo di scrivere - ad un'eccessiva fiducia riposta nell'uscita dalla crisi e non - come invece da molti è stato sostenuto - ad un aumento effettivo della domanda globale.

Insomma, questa ripresa economica arriva o no? Nel gioco delle parti, la situazione assomiglia sempre di più ad un interminabile quanto insensato "aspettando Godot"...

Matteo Olivieri

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martedì 6 aprile 2010

Se nessuna teoria regge, allora è tempo di invocare gli speculatori...



Cosenza (Italy), 6 Aprile 2010

Quando in economia la situazione diventa difficile e nessuna teoria sembra essere in grado di fornire risposte chiare e ragionevoli, allora si è soliti chiamare in causa gli "speculatori".

L'argomento "speculatori" sembra essere usato sempre più spesso da spauracchio, quasi come durante il periodo della "caccia alle streghe".

Questo è quello che a mio avviso sta accadendo sul mercato dei titoli derivati (e dei futures in particolare): da giorni i contratti per consegna futura di petrolio stanno aumentanto lentamente e inesorabilmente, ma a quanto pare nessuno sa spiegarsene il perchè, se non chiamando in causa oscuri "speculatori"!

Per come ho evidenziato nei miei precedenti post, qualcuno ha ipotizzato che la causa di tali aumenti dei prezzi sia dovuto al miglioramento dell'economia mondiale, trainata dalla nuova crescita delle borse. Questa ipotesi - che ancora continua a circolare - ha dato il via ad una sorta di euforia, amplificata dalla parole dell'ex Presidente della Federal Reserve Alan Greenspan, il quale (nell'articolo da me citato nel mio ultimo post) sosteneva che questo "momento positivo" dovrebbe durare almeno fino a fine anno.

Oggi invece, a giudicare dai dati forniti dai media internazionali, arriva una nuova doccia fredda. In sintesi:

1) I pignoramenti nel mercato immobiliare USA sono in aumento (cfr. CNBC, 6.4 "Foreclosures Are Rising"), indice che la bolla immobiliare non è ancora superata;
2) Da ieri sono entrati in vigore negli USA incentivi statali per favorire la vendita di case da parte di mutuatari, investitori e titolari di diritto di pegno, anche se il prezzo di vendita delle case è ancora inferiore al valore di mercato dei prestiti accordati (cfr. CNBC 5.4 "Let the Short Sales Begin").
3) Nell'asta per i bond a 3 anni USA la domanda è stata buona, ma i prezzi hanno continuato a scendere (cfr. CNBC 6.4 "3-Year Auction Meets Good Demand, But Prices Fall")!

In mezzo a dati così poco rassicuranti, il prezzo dei futures continua a salire. A mio avviso, questa salita non può (!) essere attribuita a miglioramenti dell'economia globale, per come in molti vogliono sostenere.

Un ulteriore indizio si può ritrovare nell'articolo "Speculation Driving Oil Prices: Qatar Oil Minister" (CNBC, 6.4), in cui il Ministro del Petrolio del Qatar sostiene che il prezzo del petrolio non sta aumentando a causa di razionamenti nella sua produzione.

Il ministro sottolinea inoltre che la prossima riunione dei paesi OPEC (il cartello dei 12 paesi maggiori produttori di petrolio, che rappresentano una quota del 35% del petrolio mondiale) è prevista soltanto nel prossimo mese di Ottobre. Quindi, le quote attuali di produzione sono adeguate alle richieste del mercato!

Dunque, fino a qui è tutto condivisibile: il prezzo del petrolio sta aumentando non perchè c'è un aumento della domanda mondiale o un razionamento della sua offerta, ma per altre cause...ma perchè chiamare in causa gli speculatori?

Da tempo ho avanzato su questo blog la mia interpretazione dei fatti: i prezzi dei futures stanno aumentando come bilanciamento delle perdite sui bond. Se questa interpretazione è vera, da questo momento in poi tanto più i paesi continueranno a indebitarsi sul mercato, tanto più saranno elevati i rendimenti richiesti dal mercato. Ciò spingerà naturalmente il prezzo dei bond verso il basso, che a sua volta causerà perdite in conto capitale ai sottoscrittori, nonché rialzi forzosi nelle quotazioni dei titoli derivati.

La conclusione paradossale è che i Governi (!), e non gli "speculatori", sarebbero la causa dell'attuale instabilità dei mercati!

Sempre più mi appare chiaro che si uscirà da questa crisi non tramite maggiori dosi di debito!

Matteo Olivieri

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lunedì 5 aprile 2010

Quello che la curva dei rendimenti sta realmente cercando di dirci...



Cosenza (Italy), 5 Aprile 2010

Da qualche giorno si sta lentamente diffondendo la convinzione che le economie mondiali siano in ripresa e mostrino segnali di robustezza maggiore rispetto al passato.

A confortare queste notizie, le ultime statistiche sulla minore disoccupazione americana (cfr. The New York Times, 5.4 "Greenspan Cites Economic ‘Momentum’ in Jobs Creation"); le borse che hanno ricominciato a crescere (cfr. Financial Times Deutschland, 3.4 "Börsenausblick, Trendwende am US-Arbeitsmarkt beflügelt Aktien"), e il prezzo dei derivati (specie petrolio e materie prime) che continua a salire, quest'ultimo segnale - a parer di molti - inequivocabile di una domanda mondiale finalmente in ripresa (cfr. Reuters, 5.4 "Wall St rises on bets the economy getting stronger").

Rispetto a questa fotografia che ci stanno delineando, gli ammonimenti del Direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn (cfr. CNBC, 4.4. "IMF Head: World Economy 'Not out of the Woods'") sembrano passare in secondo piano.

La posizione di Strauss-Kahn è tuttavia chiara: i dati sembrano confermare una ripresa più veloce del previsto, ma occorre essere prudenti, poichè gran parte dei risultati positivi sono influenzati dagli aiuti pubblici, mentre la domanda mondiale rimande ancora debole. Per questo, conclude Strauss-Kahn, fino a quando la domanda privata non sarà in grado di sostenersi da sola, non si potrà dire che la crisi è passata.

Le affermazioni di Strauss-Kahn sono certamente corrette e da non sottovalutare: nonostante i piani di salvataggio e gli stimoli fiscali e monetari, i mercati finanziari sono ancora sofferenti e patiscono una certa scarsità monetaria!

Da questo blog vorrei avanzare tuttavia una interpretazione leggermente differente.

Se guardiamo alla struttura per scadenza dei tassi di interesse (c.d. yield curve) delle economie europee (p.e. la Germania) ci si può rendere conto che i tassi a termini impliciti sono maggiori degli equivalenti tassi a pronti. Questo vuol dire che i mercati già oggi si attendono per i prossimi mesi un aumento dei rendimenti sui bond, e quindi una diminuzione delle loro quotazioni.

Questo non è un segnale positivo, tutt'altro: una diminuzione attesa nel prezzo dei bond vuol dire maggiori perdite in conto capitale. Per ovviare a queste perdite, come già segnalavo nel mio precedente post, gli investitori istituzionali stanno acquistando titoli derivati!

In altre parole, i mercati già oggi si attendono un minor valore nominale dei bond di nuova emissione, e per correre ai ripari acquistano a termine, sperando che i guadagni sui titoli derivati possano bilanciare le perdite sui bond.

Quindi, la crescita delle quotazioni dei futures (petrolio, materie prime, ecc.) non è dovuto - a mio avviso - ad una più robusta domanda mondiale o ad una ripresa più forte del previsto dell'economia, ma al contrario, ad un deterioramento dello scenario economico complessivo, con conseguente aumento del rischio di mercato!

Se questa interpretazione è vera, per come la "yield curve" lascia intendere, e se l'economia mondiale dovesse mostrare segnali di cedimento (e non di ripresa!), dovremmo concludere che nei prossimi mesi crescerà l'ammontare di perdite fuori bilancio dovute a perdite sui futures: in altre parole, gli investitori istituzionali potrebbero rendersi conto di aver pagato troppo per contratti a termine, il cui valore a pronti si rivelerebbe inferiore!

Detto ancora più semplicemente, gli investitori istituzionali che scommettono oggi su un rialzo dell'economia stanno acquistando futures nella speranza di guadagnare su un prezzo determinato oggi per consegna futura, e nella convinzione che tale prezzo sarà più conveniente di quello che potrebbero spuntare nei prossimi mesi...ma la "yield curve" forse ci sta dicendo il contrario, ovvero che la recessione dovrebbe continuare nei prossimi mesi e quindi, i prezzi futuri a pronti saranno minori di quelli presenti a termine!

Ovviamente, una delusione delle aspettative al rialzo dell'economia mondiale si trasformerebbe in ingenti perdite in conto capitale e in conto finanziario: le prime, perchè i bond subirebbero effettivamente una riduzione nel loro corso; le seconde, perchè i segnali provenienti dalle borse, dal mercato del lavoro statunitense e dai mercati finanziari e dei titoli derivati verrebbero di fatto male interpretati!

Non oso immaginare le conseguenze di perdite in conto finanziario per investitori e Governi, molti dei quali già oggi si trovano in ristrettezze finanziarie...........

PS: la "yield curve" varia di minuto in minuto, di ora in ora, di giorno in giorno: occorrerà tenere gli occhi aperti e le dita incrociate, in attesa di future positive variazioni!

Matteo Olivieri

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giovedì 1 aprile 2010

E' di nuovo Grecia: ma questa volta è il tormento di Sisifo



Cosenza (Italy), 1 Aprile 2010

A distanza di una settimana dall'accordo di Bruxelles, si ritorna a parlare del caso Grecia, ma questa volta gli entusiasmi iniziali sembrano venire meno.

La parola chiave di Bruxelles era stata "ultima ratio", ad intendere che i prestiti bilaterali europei sarebbero subentrati solo come ultima opzione possibile. Una parola che avrebbe dovuto/voluto/potuto significare una rassicurazione per i mercati. Invece non è stato così, e i rendimenti sui titoli di stato greci hanno continuato ad aumentare, mentre i loro prezzi subiscono giorno dopo giorno un mix di pericolosi scivoloni e timidi recuperi.

Chi ha acquistato titoli greci, sta subendo perdite in conto capitale, e per tutelarsi da queste perdite, la cosa più logica da fare sarebbe acquistare oggi titoli derivati, nella speranza che nel prossimo futuro, il loro prezzo a pronti sia più alto del loro prezzo attuale a termine. Questo è - a mio avviso - esattamente quello che sta accadendo al mercato dei titoli derivati, che (guarda caso!) ha ripreso a salire!

Tuttavia, scommettere su una crescita dell'economia globale è una scelta rischiosissima in questo momento, perchè eventuali aspettative deluse rappresenterebbero ulteriori perdite future in conto capitale. Così, se i dati statistici non confermeranno le attese degli investitori, sarà ragionevole attendersi future vendite di massa sui mercati dei titoli derivati (ma non chiamateli speculatori!)...il colpo di grazia per le economie europee!

Su DIE WELT di oggi è pubblicato l'articolo "Euro-Zone, Die Griechen-Pleite ist wohl kaum mehr aufzuhalten" (Euro-ZOna, La bancarotta greca è ancora per poco evitabile, ndr), nel cui occhiello si legge: «Il bluff Merkel-Sarkozy è oramai andato: I mercati finanziari non credono nel piano di salvataggio per i Greci. Il risultato: gli oneri finanziari della Grecia restano a livello pericolosamente alto - e il fallimento non è più evitabile. Ma, come nel caso di Lehman, la fine è solo l'inizio» (traduzione in proprio).

Su questo blog avevo mostrato da subito scetticismo rispetto a come tutta la vicenda era stata gestita (cioè, dichiarazioni preliminari contraddittorie; dispacci di agenzia vaghi; accordo finale "astratto"), ma la mia posizione - per quanto motivata - si era dovuta scontrare con quella di altri illustri economisti.

Ora anche DIE WELT, che pure la settimana scorsa era fra gli entusiasti dell'accordo (cfr. 26.3, "Oekonomen loben Merkels Griechenland Deal", Economisti lodano l'accordo della Merkel sulla Grecia, ndr), cambia direzione e riprende ciò che già io ho avuto modo di sostenere in questo blog (che qualcuno lassù mi ascolti?).

L'articolo citato (di cui sopra), a proposito degli scenari futuri che ragionevolmente ci si può attendere, si conclude con questa frase:
«L'alternativa sarebbe diversi anni di programmi draconiani di austerità e tagli salariali nei Paesi Euro a Sud, come quasi solo da Governi autoritari possono essere mantenuti. Oppure la trasformazione della Euro-Zona in una Comunità di Trasferimenti Pubblici, ben oltre ciò che i tedeschi erano stati disposti a tollerare. In entrambi i casi, l'euro si trova ad affrontare tempi duri» (traduzione in proprio).

Insomma, come Sisifo era costretto a portare in cima ad un monte un masso che sistematicamente rotolava giù a valle, anche noi siamo di nuovo punto e daccapo.

Chi pensava che con la diplomazia dei comunicati stampa si potesse fermare una crisi economica e correggere le aspettative dei mercati, ora si sta prendendo una bella doccia fredda! Le vie per uscire da questa crisi sono altre....

Matteo Olivieri

>> Le informazioni qui contenute non (!) costituiscono sollecitazioni ad investire.