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lunedì 12 aprile 2010

Deflazione, lo spettro che si aggira per l'Europa!


Cosenza (Italy), 12 Aprile 2010

Mentre la maggior parte degli analisti e dei media internazionali saluta con gioia i dettagli dell'accordo di salvataggio della Grecia, dettagli stabiliti la scorsa domenica in un'insolita videoconferenza tra i rappresentanti delle nazioni europee, sono riuscito a trovare solo alcune voci fuori dal coro. Eccole:

1) IlSole24Ore, 11.04 "Resta l'incognita sui tassi": in questo articolo emergono i dubbi riguardo ai tassi di interesse da applicare sui crediti messi a disposizione, dubbi che in questo blog avevo sottolineato già il giorno prima (cfr. mio ultimo post);

2) CNBC, 12.04, “Greek Debt Crisis 'Not Over': StanChart Exec.”: in questo articolo si evidenzia come l'Unione Europea abbia messo a disposizione solo 30 dei circa 54 miliardi di Euro necessari per rifinanziare completamente il proprio debito. Per questo motivo, la partita è ancora tutta aperta! Subentrerà il FMI per la quota restante o si ricorrerà al mercato?
3) CNBC, 12.04 "Greek Bank Shares Rally, Bond Yields Fall": in questo articolo si sottolinea come nonostante il pacchetto di aiuti abbia per il momento ridato fiato alle quotazioni azionarie, il rendimento dei titoli di Stato continui a scendere, segno che se si riuscirà ad evitare una crisi di liquidità, probabilmente non si riuscirà ad evitare continue perdite in conto capitale (c.d. "effetto reddito")!
4) CNBC, 12.04, "Deflation the Only Option for Greece-IMF Chief": è l'articolo a mio avviso più rilevante, per cui occorre che mi ci soffermi più a lungo qui di seguito.

L'articolo numero 4 ripercorre i temi affrontati in un'intervista col Direttore Esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn. Egli sostiene che "l'unico rimedio effettivo che rimane alla Grecia è la deflazione" [traduzione in proprio].

Mi sembra un'analisi obiettiva e condivisibile, anche se terribile e impopolare. Deflazionare l'economia infatti vuol dire ridurre il livello generale dei prezzi, il che implica una riduzione della produzione, della domanda interna, della produttività, dei servizi pubblici offerti, degli standard di vita finora garantiti.

Da un punto di vista teorico, essa potrebbe essere ottenuta attraverso vari metodi:
  • Aumento della quota di risparmio privato, p.e. rimandando al futuro investimenti e consumi;
  • Aumentando la quota di esportazioni rispetto alle importazioni;
  • Diventando un Paese importatore di capitali, p.e. attraverso i c.d. FDI cioè gli "investimenti diretti esteri", oppure diventando creditore netto di altri Paesi;
  • Aumentando la produttività del capitale, in modo tale che i rendimenti netti siano stabilmente positivi (in questo caso occorrerebbe trovare dei settori di investimento che assicurino profitti netti positivi);
  • Apprezzamento reale della valuta, in modo che i tassi di interesse reali negativi, cioè che i tassi nominali di interesse siano minori dell'inflazione, ovvero che il livello dei prezzi sia più alto degli interessi corrisposti sul capitale. 
A guardare bene, i crediti messi a disposizione dall'UE (e che spetta alla Grecia decidere quando cominciare ad utilizzare) vanno esattamente in questa direzione: essi consentono alla Grecia di ottenere crediti netti, poichè il tasso di interesse applicato è inferiore a quello corrente di mercato (c.d. reservoir di valore).

In altre parole, finita l'epoca dell'irresponsabilità fiscale della Grecia, toccherà agli altri Paesi europei ripagare il debito, concedendo somme di denaro a condizioni particolarmente vantaggiose perchè non di mercato.

Già in miei precedenti post rilevavo come flussi di crediti eventuamente concessi alla Grecia equivalgono di fatto a dei "trasferimenti netti di produttività", ovvero le nazioni ricche acconsentono a privarsi di loro risorse nette in favore della Grecia.

Sarebbe troppo lungo analizzare in questo post le conseguenze di tali decisioni: mi riprometto di farlo in un successivo contributo. Quello che qui mi preme segnalare è che la deflazione per sua stessa definizione implica un sistematico restringimento della base monetaria...vale a dire una carenza costante di moneta nel proprio sistema produttivo (una parte di questi fondi vanno necessariamente all'estero).

Pertanto, se il contagio di una deflazione venisse scongiurato, altri Paesi patirebbero maggiori livelli di inflazione. Per questo motivo non mi sembra del tutto irrealistico lo studio del capo-economista del FMI Olivier Blanchard (studio citato sempre nell'articolo numero 4), in cui si suggerisce di innalzare i target di inflazione delle Banche Centrali dei principali Paesi del mondo.

Io non credo al "destino"...tuttavia, il finale di questa storia è già scritto!

L'attuale Architettura Monetaria Europea crea una distinzione perversa in 2 categorie di Paesi: quelli importatori di inflazione e quelli esportatori di deflazione. La Grecia, che finora ha finora importato inflazione da Paesi come Germania e Paesi Bassi (con l'ulteriore aggiunta di politiche populiste domestiche), dovrà riprendersi quello che le è stato tolto in passato, a causa di insensate posizioni ideologiche.
Quando ciò si manifesterà compiutamente, saremo tutti più poveri. Ma ciò costituisce, a mio avviso, la morte del Sistema Monetario Europeo per come noi oggi lo conosciamo, poichè sotto l'ipotesi di tassi reali neativi (=deflazione), sarebbe ancor più conveniente indebitarsi! Per quanto tempo ancora questo scenario sarà sostenibile?

Matteo Olivieri


>> Le informazioni qui contenute non (!) costituiscono sollecitazioni ad investire.

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