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sabato 25 settembre 2010

Vecchie teorie marxiste che a volte ritornano...


Cosenza (Italy), 25 Settembre 2010

Quando non si hanno idee chiare su come agire di fronte ad un problema, in genere si ripescano vecchie teorie che la Storia aveva già dichiarato defunte...
Ecco il mio commento all'articolo del 25 Settembre 2010 "FINANZA/ La spirale del debito che affossa l’euro" apparso su IlSussidiario.net.

"Gent. Dott. Passali
mi spiace deludere le aspettative, ma dal Suo articolo si evince poca dimestichezza con la teoria economica.
Se da un lato concordo sul fatto che l’Uomo deve essere il fine ultimo dell’indagine economica, è affrettato dedurre che la teoria del valore-lavoro (peraltro tipica del marxismo) possa rappresentare meglio di altre la centralità dell’individuo nella società.
Aggiungo inoltre che la moneta non viene detenuta solo per un motivo di "fiducia", ma – come già Keynes metteva in evidenza nella sua Teoria Generale – anche per un motivo di investimento (c.d. "movente speculativo"): questo vuol dire che, in determinate circostanze, detenere moneta può essere la cosa più razionale da fare anche se non vi è fiducia sul mercato.
Il fatto che – come Lei sostiene – l’Euro "non circola" è dovuto al fatto che esso al momento contribuisce a ricapitalizzare quei bilanci bancari, a cui qualcuno ha imposto un aumento delle riserve. Dunque, la finanza creativa non c’entra.
Considerato infine che la moneta è per definizione debito emesso dalla Banca Centrale (tanto è vero che risulta nel passivo dello stato patrimoniale), proporre l’emissione e la successiva immissione sul mercato di un certo quantitativo di "moneta libera dal debito", vuol dire consentire che la banca centrale non ne riconosca il pagamento. Ciò, oltre a costituire un’irrazionalità, rappresenta un’autentica proposta sovversiva.
Distinti saluti
Matteo Olivieri

Questo invece l'articolo completo:

FINANZA/ La spirale del debito che affossa l’euro
Giovanni Passali sabato 25 settembre 2010

Nel suo recente articolo, James Charles Livermore accenna a quello che lui stesso definisce “un aspetto fondamentale: l’unità di misura”. La questione ovviamente merita ben più di un accenno. Ora, l’unità di misura di un sistema economico è per definizione la moneta. E la questione dell’unità di misura, anche a causa dell’attuale crisi finanziaria, è tornata prepotentemente alla ribalta, proprio perché, nell’ambiguità dell’attuale ideologia liberista, non è stata mai definita.

Questa mancanza di definizione dipende, senza tanti giri di parole, dagli interessi in gioco. Come dire “mi hanno rubato in casa” senza dire che c’era anche la cassaforte, poiché poi bisognerebbe spiegare perché avevo una cassaforte e cosa c’era dentro. Il sistema bancario e finanziario ha gozzovigliato per decenni sulla mancanza di una definizione dell’unità di misura; poi, nel momento della crisi, approfittando sempre della mancanza di una definizione, ha tentato di far pagare il conto all’economia reale.

Proviamo ora un approfondimento. Cosa intendiamo dire, in concreto, quando proponiamo e accettiamo frasi del tipo di quelle proposte da Livermore: “Quando confrontiamo dati macroeconomici, qual è il minimo comun divisore di tutti questi numeri? La crisi del 2007 ci ha insegnato che questo elemento irriducibile è l’individuo”? Cosa vuol dire in concreto accettare questa impostazione? Quali sono i riflessi concreti per la finanza e l’economia? Quali conseguenze per la definizione di una unità di misura?

Se l’elemento irriducibile è l’uomo, vuol dire per l’economia che al centro della questione c’è il lavoro dell’uomo. Quindi occorre uno strumento monetario che “prenda le misure” a partire dal valore del lavoro dell’uomo, e a partire da questo possa dare valore (cioè misurare il valore) di tutto il resto. Ma porre l’uomo al centro della questione vuol dire porre i rapporti umani al centro della questione. E cosa caratterizza i rapporti umani nel tessuto economico?

Ciò che connota i rapporti umani in un tessuto economico evoluto, non primordiale, cioè un tessuto economico in cui sia presente una qualche forma monetaria, è la fiducia. Io sono disposto ad accettare moneta in cambio della mia merce, poiché confido di poter dare la stessa moneta in cambio di altra merce. Quindi deve esistere una cosiddetta “fiducia sociale”, composta sicuramente da tanti fattori sociali, la cui espressione in campo economico e finanziario è data dalla presenza consolidata di un sistema monetario. Sicuramente tale fiducia sociale dipende da diversi fattori non economici (per esempio, uno stato presente, una macchina burocratica efficiente, la mancanza di eccessivi conflitti sociali, la fiducia nelle forze dell’ordine, ecc.).

Ora occorre comprendere un elemento cruciale. La moneta, in riferimento alla fiducia, non è un mezzo, ma uno strumento. La distinzione da porre è sul fatto che uno strumento ha la stessa natura dell’oggetto di cui è strumento. E la corrispondenza biunivoca tra moneta e fiducia è una cosa evidentissima: non solo non vi è moneta quando vi è diffidenza reciproca (e in effetti il baratto è stato ed è la norma tra comunità culturalmente distanti, come cristiani e musulmani nel Medioevo), ma succede anche il contrario, che cioè un problema squisitamente monetario (sulla qualità delle banconote, per esempio, e quindi sulla facilità di una falsificazione) distrugga una fiducia preesistente. In conclusione, la fiducia preesisteva alla moneta e alimenta la sua costituzione, la moneta stessa e la sua circolazione sostengono e alimentano la fiducia. E la facilità di circolazione monetaria è l’indice migliore di una fiducia diffusa e correttamente espressa da un mezzo monetario adeguato.

Da questo punto di vista, con l’euro attualmente siamo proprio messi male. Con le premesse che abbiamo fin qui svolto, si capisce subito che l’Europa e le sue istituzioni monetarie, a partire dalla Bce, lavorano proprio su un piano scorretto. La prima evidenza, che questa crisi ha fortemente accentuato, è che l’euro in gran parte non circola. Il percorso obbligato di ogni singolo euro nasce dalle banche centrali degli stati coinvolti, e prosegue nelle banche commerciali di quegli stessi stati. Da qui, come autorevoli studi di economisti della Banca d’Italia hanno già mostrato, la maggior parte degli euro prende la strada della finanza. Cioè non entra nell’economia reale. Cioè non circola.

La situazione è peggiorata con l’attuale crisi finanziaria, ma era strutturalmente compromessa fin dall’inizio. E questo dipende dalla natura dell’attuale moneta, l’euro. Se per moneta utilizzassimo dei sassi, la natura di questa moneta creerebbe dei problemi di circolazione (problemi di portabilità, sfiducia per facilità di falsificazione, ecc.) che finirebbe col deprimere l’economia stessa.

I problemi connessi con la moneta euro dipendono sostanzialmente dal modo in cui nasce. Ogni euro nasce con un debito: viene creato dalla banca centrale e addebitato da chi lo ha richiesto. Questa situazione è all’origine della spirale del debito sempre crescente che affligge tutta l’economia. Se infatti solo le banche centrali sono autorizzate a stampare moneta, per pagare i propri debiti con gli interessi tutti i soggetti economici (stato incluso) saranno costretti a tornare dal sistema bancario e fare nuovi debiti per pagare i precedenti.

Ormai il sistema debitorio (detto altrimenti “sistema del credito”, appare più “politicamente corretto”) e gli strumenti finanziari connessi (titoli di stato, derivati, credit default swap, ecc.) sono di diversi ordini di grandezza superiori all’economia reale. Questo è il grande male dell’attuale crisi finanziaria. Hanno nascosto il problema, creando moneta per coprire quel debito; ma tutta la moneta è debito, quindi hanno coperto debito con debito, in uno sviluppo “criminale” che ogni persona di buon senso avrebbe rifiutato. Ma da questo grande male non si può guarire, se non ci si rende conto del problema monetario che l’ha originato. E il problema è la moneta debito.

Se la natura della moneta è la fiducia, se il cosiddetto “sottostante” della moneta (la copertura della moneta) è quella che noi abbiamo chiamato “fiducia sociale”, allora è immediatamente chiaro che un debito è uno strumento monetario inadeguato a una società libera, che vuol riconosce l’uomo e le sue relazioni come elemento ineliminabile. Se il centro del nostro operare sociale vuole essere il bene comune, il debito è uno strumento monetario totalmente inadeguato.

Se vogliamo costruire un ambiente sociale dove alcuni servizi essenziali, alcuni servizi sociali di base, devono essere garantiti a tutti, allora occorre includere tra questi anche la moneta come bene sociale, così come lo sono la fiducia e la pace sociale. La conseguenza immediata è che una certa quantità di moneta, limitata e predefinita, deve essere distribuita gratuitamente a tutti i cittadini, al pari dell’istruzione o dei servizi sanitari di base.

Oltretutto, una certa quantità di moneta non a debito è indispensabile al corretto funzionamento dei mercati finanziari. Il mercato stesso richiede che vi sia questa moneta priva di debito. E se questa moneta non è presente, sarà il mercato stesso, con le sue devastanti energie, a crearlo.

Come può il mercato creare moneta libera dal debito? Tramite i fallimenti. Se io prendo 100 a prestito per sviluppare un’attività imprenditoriale, e poi riesco a guadagnare solo 70, restituirò 70 e fallirò. Vuol dire che io ho speso 100 sul mercato, ma dal mercato ho ricevuto solo 70. Con il mio fallimento, i 30 che ho speso e non ho recuperato, sono ancora nel mercato, stanno circolando nel mercato, liberi dal debito. Con il mio fallimento, quei 30 non devono più essere restituiti a qualcuno.

Questo è il modo in cui avremo la fine della crisi: quando sul mercato sarà disponibile una sufficiente quantità di moneta libera dal debito. E questo può accadere in due modi: o perché viene immessa una certa quantità di moneta senza che sia addebitata a qualcuno; oppure questa verrà creata dalla forza distruttrice del mercato, tramite un “adeguato” numero di fallimenti. Ma occorre rendersi conto che un “adeguato” numero di fallimenti vuol dire una catastrofe economica, un disastro capace di distruggere una generazione intera. Proprio come nel 1929, con la Grande Depressione.

Questa è la prospettiva che abbiamo davanti. O ci prepariamo a una nuova Grande Depressione, oppure ci prepariamo a pensare e costruire un sistema economico che preveda anche la stampa e la distribuzione gratuita di moneta. Una rivoluzione di cui in futuro parleranno i libri di storia".

Aggiornamento del 27 Settembre 2010

Oggi è apparsa la risposta del Dott. Passali alle mie osservazioni sul suo articolo. Riporto il testo qui di seguito:

RISPOSTA:

Gentile Dott. Olivieri,
non ho la minima intenzione di resuscitare obsolete teorie marxiste. Del resto, non credo che affermare il valore del lavoro voglia dire riaffermare la teoria marxiana del valore-lavoro [1]. Anche perché, avendo il marxismo cancellato la natura "divina" dell'uomo, non era culturalmente in grado di riconoscere il valore spirituale e morale della moneta. Ma al di là di queste disquisizioni teoriche, lei afferma che la moneta potrebbe non circolare anche per una sfiducia nel mercato, che rende ragionevole detenere la moneta. Ma la sua affermazione lascia presupporre che le due cose non abbiano nulla in comune. Invece, proprio questo è quello che io voglio sottolienare: la sfiducia nel mercato è stata indotta prima di tutto dal comportamento di chi aveva ed ha il compito di gestire la moneta, avendone riprodotta in quantità eccessive, a favore dei mercati finanziari [2]. Questo ha provocato e sta provocando una rarefazione monetaria nell'economia reale, le cui conseguenze sono: aumento della disoccupazione, fallimenti di imprese, aumenti dei debiti degli stati. Sono le naturali conseguenze di un sistema che privatizza gli utili e socializza le perdite [3]. Quanto all'ipotesi fantasiosa per cui la banca centrale non accetterà la moneta libera da debito, ovviamente ritengo che la stessa dovrà accettare le leggi dello stato, e sarà necessario ridefinire competenze e operatività di diversi soggetti istituzionali [4]. Quanto alla sua affermazione, che la stampa e distribuzione alla popolazione di moneta priva di debito sia una proposta sovversiva, sono pienamente d'accordo con lei. Ma non si tratta di essere sovversivi. Si tratta di trovare una soluzione concreta; e di affermare con determinazione la centralità di certi valori. Non credo che una moneta di stato sia la soluzione definitiva al problema. Per questo propongo la costituzione di un sistema di monete complementari, in modo che gli effetti sull'economia reale di una mala gestione di una moneta siano comunque attutiti dalla presenza di altri strumenti monetari [5]. (Giovanni Passali)

Mia contro-risposta, Martedi 28 Settembre 2010:

[Ho deciso di non inviare al sito web IlSussidiario.net la mia contro-risposta, che pertanto apparirà solo su questo blog, a beneficio dei miei lettori]
[1] Errato: Certamente concordo sul fatto che la teoria del valore-lavoro non è prettamente marxiana, poichè era l'unica teoria disponibile fino a circa il 1873, quando Karl Menger propose la teoria del valore-utilità. Nondimeno, Marx fu l'unico in grado di risolvere alcuni problemi che Adam Smith riuscì solo ad intravedere, mentre nè David Ricardo nè J.S. Mill seppero risolvere. Dunque lo svolgimento più coerente della teoria del valore lavoro è - secondo consenso unanime nel mondo scientifico di ogni tempo - quello effettuato da Karl Marx. La teoria del valore lavoro è criticabile non perchè non prende in esplicita considerazione l'esistenza di Dio (altrimenti non parleremmo di economia, ma di teologia), ma perchè arriva ad alcune conclusioni che la rendono di fatto troppo angusta rispetto alla varietà del reale (per esempio, si tratta di una sola teoria dal lato dell'offerta, mentre la domanda è completamente irrilevante).
[2] Errato: Negli anni precedenti lo scoppio della crisi, sono stati immesi sul mercato strumenti di debito diversi dalla moneta, nella convinzione che questi strumenti fossero sicuri. La quantità di moneta superiore ai debiti finanziari è subentrata in un secondo momento, con i massicci interventi dei principali governi e delle banche centrali, al fine di salvare le economie sull'orlo del collasso.
[3] Errato: L'eventuale conseguenza di una quantità eccessiva di moneta non è la "rarefazione monetaria", ma - al contrario - l'annacquamento, come durante l'iperinflazione tedesca del Primo Dopoguerra.
[4] Errato: Il mercato elimina sempre le storture delle leggi, poichè agisce in modo che domanda e offerta siano sempre in equilibrio. Da qui si comprende la natura e la funzione svolta dagli arbitraggi. Neanche in Unione Sovietica, la Legge si dimostrò in grado di frenare il Mercato.
[5] Errato: Si informi meglio, già esistono (per esempio i Diritti Speciali di Prelievo o Special Drawing Rights, SDRs del Fondo Monetario Internazionale)!

Matteo Olivieri
>> Le informazioni qui contenute non (!) costituiscono sollecitazioni ad investire.

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